mercoledì 11 maggio 2016

IL MISTERO DI SAMAIPANTA. I RESTI DI UNA CIVILTA' DI GIGANTI?

Il forte di Samaipata, Bolivia 

Grande fascino e mistero per questa enorme opera realizata molto pirma che la civiltà Inca si insediasse in Bolivia. Siamo a 120 chilometri ad ovest di Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, sulla strada che conduce a Cochabamba, si trova uno dei siti archeologici più importanti d’America: il “Fuerte” (la Roccaforte) di Samaipata. Un luogo frequentato dai “contattati” di tutta la regione.
Un luogo misterioso per la gente del posto che guarda il tutto con rispetto, quando alcuni restano durante la notte per dormirci, sopra le rovine, dichiarando di aver avuto esperienze sorprendenti: essi affermano di essersi incontrati con esseri extraterrestri, altri invece sostengono di aver incontrato gli “angeli di luce“. Ma tutti sono d’accordo nel descrivere la forza che emana questo luogo e il mistero che circonda le sue pietre.
In un picco di montagna a 1.950 metri di altezza si erge una formazione rocciosa di arenaria di 200 metri di larghezza e 60 metri di lunghezza. E’ orientata da est a ovest, e fu utilizzata in epoca precolombiana per costruire un monumento di dimensioni maestose. Tutti gli archeologi sono concordi nell’affermare che a Samaipata si stabilirono, in epoche diverse, differenti tipi di culture; vari ricercatori sono inclini a pensare che il monumento sia stato lavorato dagli Incas e che lo utilizzarono come punto di difesa dalle migrazioni dei Guarani.
Le tribù amazzoniche furono i suoi primi abitanti, intagliando nella roccia immagini di animali della giungla che erano venerati come simboli di potere e di vita. Tuttavia, nel sito si avverte anche la presenza della cultura dei Tiawanacota, i puma e i serpenti appaiono scolpiti nelle sue rocce.
Il “Fuerte” fu un luogo cerimoniale, dal momento che le mura e la forma della costruzione hanno le caratteristiche dei templi. Samaipata in lingua Quechua significa “altura del riposo“, può essere una derivazione di Samaipata “altura del matrimonio“, i posti accoppiati, triangolari o rettangolari che si trovano in tutto il monumento, riflettono l’unione dell’uomo e la moglie in riti e cerimonie.
Questa grande area rocciosa di arenaria fu scolpita, nella sua totalità, ricoprendo circa 12.000 metri quadrati e la parte visibile di 40 ettari; si crede che furono siti abitati. All’interno del complesso si osservano vari settori. La parte occidentale fu un recinto religioso e cerimoniale, presenta varie sculture, sono visibili due puma di oltre due metri di larghezza e un giaguaro, scolpiti nella pietra arenaria, delimitato da dei canali; incontriamo anche perforazioni tubolari lucide, di circa 20 centimetri di diametro, che penetrano verticalmente nella roccia. Salendo da un lato, è possibile incontrare il dorso di un serpente scolpito. I canali formano 262 rombi che sfociano in due collettori di 4 metri, che simboleggiano la connessione dell’acqua con la “Pachamama“, la Madre Terra.
Alla cima del monumento si nota un cerchio con nove tagli quadrangolari e nove triangoli alternati; all’interno di un piccolo cerchio ci sono nove postazioni rettangolari. Qui possiamo osservare l’ingegno dei costruttori, integrando le tecniche idrauliche all’interno di una città tempio. 
Nella zona nord si evidenziano cinque nicchie di circa due metri di altezza e uno di larghezza che sembrano altari di idoli assenti. Nella zona sud, scolpita dalla base verso la cima, sembrano i gradoni di uno stadio per la grande quantità di sedili scolpiti. Come se gli abitanti di Samaipata si sedevano per osservare quello che potevano riuscire a giungere dall’orizzonte, per assistere a giochi o celebrazioni.
Gli storici come Enrique Finot, Ricardo Mugia, e altri trascrissero un testo del reverendo padre Felipe de Alcaya come informazioni di alto livello al signor marchese di Montes Claros, viceré di questi regni di cui il capitano Martín Sánchez di Alcaya fu scopritore e conquistatore di Santa Cruz de la Sierra: “fu risolta ogni cosa alla suo successivo ritrovamento e in particolare in terra ricca, che Manco Inca, secondo capitano di questo nome, tiene in possesso ora grandissima felicità per la sua gran prosperità, chiamata Paytiti, la quale è in possesso di qualunque genere di metallo fino al più lucido che è l’oro, pietra rimossa di tutti i colori, di grande valore; e del Cerro Rico che il capitano Condori dissodò nella Cordillera de los Chiriguanos, chiamato Caypuru e dell’oro che prelevò suo fratello Guacané, nuovo re degli Llanos de Grigotá, la cui forza sta oggi in piedi, in testimonianza di ciò che fu detto dalla sua grande fondazione, chiamata Samaipata, che è la seguente:
“Prima che da queste parti giungessero gli spagnoli di Spagna e del Paraguay, l’inca per il suo buon governo, come sembra in tutto questo regno, stava conquistando nuove province ogni anno, cercando di essere l’unico signore. Per cui diede il suo incarico a un suo discendente, chiamato Guacané, dandoli il titolo di re, il quale se lo conquistò e lasciò un fratello chiamato Condori, nella città di Cuzco, e diede anche un numero sufficiente di persone per la conquista, inviandole alle Llanos de Grigota. Alla fine decise di non perdere tempo e, prendendo altro vestiario, entrò per le valli di Pojo, Comarapa, los Sauces, Valle de Pulquina, Valle Grande e prese il posto di Samaipata dove assunse un reale mandato sull’altipiano di questo sito…“.
Il reverendo padre Adrian Melgar, che fu parroco di Mairana, pubblicò un opuscolo sopra Samaipata: “alla distanza di più di due miglia, a sud est della attuale città della Purificazione (Samaipata), si trova il monumento incaico che chiamano ‘El Fuerte’“. Cita che la cima della montagna che porta il suo nome, la vera Samaipata, la cui etimologia secondo alcuni è: Dio Eterno (PATTA SAMMA) e secondo altri (DESCANSA ARRIBA).
L’archeologo Leo Pucher, che nell’anno 1945 fu direttore del Museo Archeologico di San Francisco Xavier di Chuquisaca, nei suoi libri parla delle caratteristiche della famosa “Chinkana“, luogo che fino ad oggi resta un mistero.
Dirigendosi verso sud est, passando sopra alcune piattaforme di costruzione megalitica, si scende a un piccolo burrone e, da lì, su una piccola collina per scendere su qualche scalinata abbastanza inclinata, si raggiunge un luogo denominato la “Chinkana“.
Quando abbiamo descritto la parte geologica della montagna di Samaipata, si ricorderà che si tratta di una roccia di arenaria rosso grigia, dove fu perforato un pozzo distante circa 500 metri dalla collina scolpita, il cui diametro superficiale è di 1,30-1,50 metri e la sua profondità nell’anno 1937 era di 12,50 metri, misurata dallo scrittore.
Il barone Von Nordnskiold, che nell’anno 1911 visitò queste rovine, chiarì che la “Chinkana” si trovava sul fondo, potendo misurare 15 metri esatti di profondità, mentre la gente del posto era invece convinta di 30 metri. Il barone scoprì che la “Chinkana” fu costruita in forma di spirale, dove la spirale era simile a quella di una lumaca, sino al fondo. E’ molto probabile che la forma sia la riproduzione di un serpente come simbolo che sale dal Pachamama, del seno della Madre Terra, come credono altri.
Gli abitanti del luogo, sopra “Chinkana“, narrano le seguenti leggende: alcuni sostengono che si tratta di una rana che vomita fuoco dalla bocca, altri vedono un furibondo “Yoporojobobo” (un grande serpente) che contiene al suo interno i segreti degli Incas salvati; altri credono che sia una miniera d’oro che nasconde tesori favolosi; alcuni che sia un pozzo d’acqua che porta nell’altro lato della collina, i più affermano che si tratti di un tunnel che tiene ramificazioni sotterranee che si connettono con Tiawanaco, l’Isla del Sol, Coricancha (Cuzco), eccetera, essendo una delle tante gallerie che la civiltà “Tiawanacota” costruì e che possono essere trovati nella maggioranza delle rovine di Bolivia e Perù; altri pensano che sia un pozzo che veniva utilizzato per la tortura.
Costantemente, gli archeologi cercano di chiarire la relazione che è esistita tra le Ande e le valli Yungas e comprendere le relazioni culturali che si verificarono tra la cultura di Tiawanaco, la cultura Mollo e quella Inca. Tutti sono d’accordo sul fatto che Samaipata sia uno dei pochi templi che fu tutto scolpito sopra la roccia.
Le strutture degli struzzi e dei giaguari ci aprono la porta per sentire l’influenza di culture amazzoniche, dall’altro lato si è dimostrata la presenza e ricostruzione di una parte come tempio incaico. 
Quello che ha richiamato la nostra attenzione è che tutto il tempio fu costruito conformando l’immagine di un essere umano per essere visto dal cielo, potendo osservare due occhi nell’angolo ovest del tempio, dove si trovano le incisioni dei puma. Possiamo anche distinguere in tutto il tempio tre parti, la testa, il tronco dove si trova un cerchio, chiamato “coro dei sacerdoti“, che è come un plesso solare, simile all’essere umano. 
Nella parte est possiamo osservare una zona chiamata “fonte del serpente“, che dà la sensazione di essere un organo sessuale, e al centro una struttura simile a quella che sembra una colonna vertebrale. Per alcuni potrebbe essere una pista per astronavi, per le sue linee parallele simili a quelle incontrate a Nazca, e sembrano essere progettate per essere viste dal cielo.
I puma rappresentano il fuoco sacro o energia sessuale che deve ascendere alla testa. I puma che escono dagli occhi ci parlano di chiaroveggenza. I nativi dell’Amazzonia sanno che i puma possono vedere nell’oscurità, perché possiedono la visione latente delle energie dei corpi vitali.
Nel tempio possiamo osservare i serpenti simbolo della “Kundalini” che l’iniziato deve elevare, attraverso la sua colonna vertebrale purificando i suoi sentimenti, emozioni, liberandosi delle forme primordiali dell’Io o degli squilibri psicologici per trasformarsi in un iniziato o uomo sole.
Tutti questi simboli corrispondono con la cultura “Tiawanacota” e, poi, con la cultura Inca, dove si parla di giganti e esseri che viaggiano nell’aria, gli angeli andini conosciuti con il nome di “Taapakas” o esseri belli e splendenti al servizio di Wirakocha. Samaipata, assieme al lago Titicaca, le piste di Nazca, eccetera, fu creata come un tempio santuario e, contemporaneamente, come un segnalatore planetario per essere visto dal cielo. Con tutti questi dati ci domandiamo: fu destinato anche per esseri di altri mondi che eventualmente visitano il nostro pianeta? Fu Wirakocha il suo creatore e costruttore come per Tiawanaco e il lago Titicaca? 
Sono forse i resti di una sconosciuta civiltà di giganti chiamati nelle Ande “Taynas” e “Chullpas“?
Tuttavia, il mistero circonda i resti di Samaipata dove appaiono nuovamente Chinkanas, gallerie che dicono che possono essere connesse con altre rovine delle Ande.
E’ sorprendente che il pozzo, Chinkana, è tagliato in una forma che ricorda un serpente. Gli antichi iniziati di tutte le culture veneravano il fuoco igneo, serpentino, come una forza che irradia dal centro della Terra.
Tutti gli abitanti della regione considerano Samaipata come un santuario, molti sensitivi affermano che toccando il suolo sentono come se esistesse un qualcosa all’interno delle viscere della Terra. La paura e la superstizione irradiano in molte persone che affermano che durante la notte hanno visto materializzarsi, fisicamente, degli esseri di altri mondi.
Samaipata ci racconta di una cultura antichissima che si perde nella notte dei tempi, una civiltà che costantemente guardava le stelle.

Fonte:
http://www.progettoatlanticus.net/2012/10/il-forte-di-samaipata-bolivia.html
http://www.ufoforum.it/topic.asp?rand=7055475&whichpage=1&TOPIC_ID=13760&#247839

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