Nonostante la consapevolezza della morte, gli esseri umani
sono concepiti per pensare a loro stessi come immortali.
Secondo uno studio condotto alla Boston University, questa convinzione
fa parte della natura umana e si sviluppa durante l’infanzia. I
ricercatori pensano che sia possibile studiare scientificamente la credenza
religiosa e comprendere gli aspetti universali della cognizione umana e la
struttura della mente.
Uomini e donne di tutto il mondo, indipendente dalla loro religione
o cultura, sono certi che gli esseri umani siano eterni. Uno
studio condotto da un gruppo di ricercatori della Boston University, guidato
da Natalie Emmons, ha fatto luce sulla diffusa credenza che l’anima, o
l’essenza di una persona, trascende la morte del corpo fisico. Gli
scienziati pensano che tale convinzione emerga in noi nei primi anni di vita e
che sia parte della nostra natura umana, piuttosto che una nozione imposta alla
persona da una cultura o credenza religiosa.
I ricercatori, infatti, per lungo tempo hanno pensato che le persone
sviluppino la credenza nella vita dopo la morte attraverso l’esposizione
culturale o l’istruzione religiosa, ma la ricerca della dottoressa
Emmons ha mostrato che le idee sull’immortalità emergono dalla nostra
intuizione.
Lo studio è stato realizzato intervistando 238 bambini provenienti da culture molto diverse in Ecuador, quella indigena e quella cattolica, esaminando il loro parere sul tempo prima della nascita, dato che in entrambi i contesti non sono presenti idee sulla pre-vita, bensì che essa inizi solo al momento del concepimento.
I ricercatori hanno pensato che se le influenze culturali sono fondamentali per la credenza nell’immortalità, entrambi i gruppi di bambini, indigeni e cattolici, avrebbero dovuto rifiutare l’idea che la vita possa esistere in qualche forma prima della nascita biologica.
La Emmons ha mostrato ai bambini una serie di disegni nei quali erano
raffigurati un bambino, una giovane donna e la stessa donna durante la
gravidanza. Poi ha fatto loro una serie di domande sui pensieri e le emozioni
del bambino durante ogni periodo.
I risultati sono stati sorprendenti, in quanto entrambi i gruppi
hanno dato risposte molto simili. I bambini hanno giustamente
sostenuto che il corpo non esisteva prima della nascita e che non aveva la
capacità di pensare o di ricordare. Tuttavia, entrambi i gruppi hanno anche
detto che le emozioni e i desideri del bambino esistevano prima della sua
nascita!
Sebbene i bambini generalmente hanno riferito che il nascituro non avendo
gli occhi non poteva vedere le cose prima della nascita, hanno anche detto che
questi era felice perché avrebbe presto incontrato la madre o che era triste
perché era separato dalla sua famiglia.
«Anche se i bambini avevano conoscenze biologiche sulla riproduzione,
sembravano convinti che l’individuo esistesse precedentemente in una forma
eterna e che tale forma comprendesse emozioni e desideri», spiega la Emmons.
Quindi, secondo il parere dei bimbi, non è tanto la nostra capacità di
pensare ad essere eterna, ma i nostri desideri e le nostre emozioni, cioè
quello che sentiamo.
Lo studio, pubblicato sulla rivista ‘Child Development’, si inserisce in un
crescente campo di ricerca teso ad esaminare le radici cognitive della
religione. «Lo studio dimostra che è possibile per la scienza studiare il
credo religioso», ha sottolineato Deborah Kelemen, professoressa associata di
Psicologia presso la Boston University e coautrice dello studio. «Allo stesso
tempo, ci aiuta a comprendere alcuni aspetti universali della cognizione umana
e della struttura della mente».
Studi simili sulla possibilità di una vita ultraterrena, hanno rivelato che
bambini e adulti comunemente ritengono che alcuni bisogni corporali, come la
fame, e le emozioni continuino in qualche forma anche dopo la morte, a
prescindere dalle culture di provenienza. L’idea che l’anima
sopravviva al di fuori del corpo, sebbene non sia scientifica, è profondamente
naturale.
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