giovedì 21 aprile 2016

VIAGGIO INTERSTELLARE - Parte 2



Articolo tratto da: http://leganerd.com/2014/12/04/il-viaggio-interstellare/

... continua 

Il problema delle comunicazioni

Far arrivare una sonda intorno ad un’altra stella e non riceverne alcun dato, mi sembra veramente privo di alcun significato, specialmente tenendo conto dell’incredibile dispendio di risorse che ciò comporta, perciò si pone un altro importante problema: le comunicazioni interstellari. Il problema si può affrontare da differenti punti di vista.


Si possono generare potenti segnali radio, che richiedono però una grande quantità di energia per avere un’intensità sufficiente ad essere captati dalla Terra, a distanze comunque di molti trilioni di chilometri.
Un problema rilevante delle trasmissioni radio è che il segnale tende a disperdersi rapidamente su distanze così grandi, diventando così difficile da captare se non con dispositivi di enormi dimensioni.
Si potrebbe però ricorrere a segnali elettromagnetici con frequenze molto più elevate (laser, microonde) in cui la dispersione del segnale è molto minore, ma che richiedono un puntamento molto accurato, dovendo allineare con precisione trasmettitore e ricevitore, cosa non proprio facile su distanze del genere.
Un’altra soluzione, presa in considerazione nel Progetto Icarus, è quella di non utilizzare un segnale radio o laser per trasmettere le informazioni alla Terra, ma una piccola sonda.
La soluzione potrebbe apparire poco pratica (ed in parte lo è), ma al costo di una velocità molto più bassa nelle comunicazioni, si avrebbe il vantaggio di poter inviare una grandissima quantità di dati (alta latenza, alta larghezza di banda).
Altra alternativa potrebbe essere quella di lasciare lungo il percorso di viaggio una serie di ripetitori, ma ognuno di essi dovrebbe avere una propria fonte di energia ed incrementerebbe, ancora una volta, la massa del mezzo.
Un metodo per aggirare tutti questi problemi potrebbe essere quello di utilizzare dispositivi (tipo sonde di Von Neumann) in grado, giunti a destinazione, di costruire autonomamente sul posto con risorse raccolte su esopianeti, lune, asteroidi tutta la strumentazione necessaria alla trasmissione dei dati, ma qui parliamo di tecnologie che sono veramente molto al di là di quelle attuali e anche di quelle verosimilmente disponibili in un prossimo futuro.

Aggiornamento:

Sembra l'Enterprise, ma è l'astronave NASA per i viaggi interstellari


Il solo pronunciare la parola "Enterprise" è di solito più che sufficiente a far luccicare gli occhi degli appassionati di "Star Trek", che da sempre sognano di imbarcarsi agli ordini del capitano James Tiberius Kirk sulla nave interstellare in grado di viaggiare nello spazio a velocità inimmaginabili. Le immagini che vedete in questo articolo non si riferiscono però ad una nuova stagione delle celebre serie televisiva, ma ad un progetto reale, supportato dalla NASA.


L'astronave in questione, che è ancora al livello di concept, dovrebbe poter sfruttare la tecnologia warp drive, ossia il motore con propulsione a curvatura che permette all'Enterprise di viaggiare tra le stelle a velocità superiore a quella della luce. Inutile a dirsi, stiamo parlando di concetti che al momento sembrano lontani persino dal semplice stato sperimentale: il team di Harold White al Johnson Space Center della NASA, responsabile della ricerca sui sistemi avanzati di propulsione, si sta ancora muovendo nel campo della teoria.

Curvatura spazio-temporale generata dai motori dell'Enterprise - La propulsione a curvatura esiste infatti solamente nell'immaginazione degli sceneggiatori di Star Trek: volendo provare a spiegare la cosa in termini semplici, i motori dell'Enterprise sono in grado di creare una distorsione spazio-temporale (foto a fianco) grazie alla quale lo spazio davanti all'astronave viene contratto e quello dietro viene espanso. Per cui l'Enterprise percorre una sorta di "scorciatoia" nello spazio.
Ovviamente tutto questo è, letteralmente, pura fantascienza. Anche se White ed i suoi colleghi sostengono che la propulsione a curvatura possa essere tramutata in realtà, l'effettiva dimostrazione della sua fattibilità tecnica è ancora piuttosto lontana. 

Ma nonostante questo, è comunque possibile dare un'occhiata a come potrebbe essere l'astronave simil-Star Trek che dovrebbe operare in questo modo viaggiando per lo spazio: il creatore concept 3D Mark Rademaker ha infatti spiegato ad io9 di aver collaborato con White per creare immagini il più possibili realistiche della nuova Enterprise.

Conclusioni

Alcuni scienziati hanno messo in dubbio la fattibilità o quantomeno la convenienza di un viaggio interstellare umano, ma come abbiamo appena visto esso è teoricamente possibile, anche prendendo in considerazione solo le tecnologie che si basano sulle leggi fisiche attualmente conosciute.


Probabilmente il fattore più determinante sarà la disponibilità di una sufficiente quantità di energia e la capacità di utilizzarla.
Qui possiamo far riferimento alla scala di Kardashev, il primo tentativo di classificare ipotetiche civiltà extraterrestri sulla base di quanta energia riescono ad utilizzare.
In breve, ci sono tre livelli: K1, K2 e K3, a cui corrispondono la capacità di sfruttare rispettivamente tutta l’energia del proprio pianeta, tutta quella emessa dalla propria stella e addirittura quella dell’intera propria galassia.
La nostra civiltà è al momento ancora lontana dal raggiungere il livello 1, che è però il livello minimo che dovremo probabilmente raggiungere per sperare di realizzare una missione interstellare umana e probabilmente sarà necessario raggiungere o avvicinarsi molto al livello 2 per colonizzare sistemi stellari vicini.
Fondamentali saranno poi le motivazioni dell’esplorazione spaziale futura.
Altra variabile fondamentale, non legata alla fisica, è poi quella delle motivazioni dell’esplorazione spaziale futura, che possono essere pesantemente influenzate da fattori più o meno imprevedibili quali grandi catastrofi ambientali, la scoperta di qualche esopianeta abitabile (abitato?) relativamente vicino e anche la disponibilità futura ad intraprendere missioni di cui progettisti e creatori non vedranno mai i risultati.
Si tratta comunque di un processo graduale, a meno che inaspettati breakthrough scientifici, scoperte o invenzioni clamorose, non impartiscano un’improvvisa accelerazione alla nostra corsa alle stelle.

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